Dopo infanzia e giovinezza trascorse in Emilia Romagna, nel 2012, migrando al contrario rispetto a suo padre, Emanuele, torna in Sicilia con l’intento di preservare dall’abbandono e dalla possibile urbanizzazione selvaggia, i due appezzamenti di terra dei nonni. Pensare a progetti comuni con altri diventa necessario per immaginare il futuro: per questo è stato uno dei primi a credere nella rete Filiereque Iblee e a volerne la realizzazione.
La sua azienda include circa 4 ettari suddivisi in due appezzamenti intorno a Noto, coltivati a mandorle, ulivi e agrumi, prevalentemente limoni. Sono presenti vari alberi da frutto, secondo le classiche coltivazioni di questa zona che mantenevano una ricca biodiversità, anche per l’autoconsumo: mele cotogne, gelsi, amarene, fichi, fichi d’india, carrube, insieme a piante spontanee (capperi, sorbo e corbezzolo). Emanuele ha impiantato anche una piccola coltivazione di zafferano ed erbe aromatiche.
Nella gestione dei fondi le lavorazioni meccaniche sono state ridotte al minimo, preferendo il sovescio e lo sfalcio.
I terreni sono certificati biologici da ICEA, non essendoci peraltro mai state impiegate sostanze chimiche, essendo rimasti i nonni fedeli alla massima: “poi ti manci a sa comu va a finire” (ovvero: "poi te li mangi e chi sa come va a finire").